Oggi la nostra meditazione si sofferma sulla preghiera. Il brano tratto dagli scritti che vi proponiamo è rivolto alle Ancelle dell’Amore Misericordioso… ma sono parole che farà bene leggere anche ai nostri cuori.
Care figlie, è necessario che preghiamo e ringraziamo il nostro buon Padre. Nella preghiera dobbiamo abituarci a lodare Dio, a ringraziarlo per tanti benefici, a chiedergli le grazie, soprattutto la carità e il suo amore, ricordando che nel tabernacolo c’è il nostro dolce Gesù che presenta al Padre in nostro favore i meriti della sua obbedienza e della sua carità e attrae così su di noi grazie infinite. Gesù infatti, così come in cielo, vive nel tabernacolo sempre intercedendo per noi.
Sta là, figlie mie, come nell’orto del Getsemani, pregando non soltanto tre volte ma mille volte, e non chiedendo che si allontani da lui il calice amarissimo della sua passione, ma che sia partecipato a noi il calice delle benedizioni del cielo e che possiamo gustare quello della beatitudine mediante la partecipazione ai suoi dolori. Là sta il nostro buon Gesù glorioso, come sta alla destra del Padre, però mostrando costantemente alla Maestà divina le piaghe aperte delle mani, dei piedi e del costato per costringerla a concederci quanto le chiediamo.
Frequentiamo il tabernacolo, figlie mie, e preghiamo con lo spirito e con la mente; lodiamo il buon Gesù con le labbra, ma molto di più con il cuore. Ripetiamogli tante volte: “Il tuo nome, Gesù, e l’Eucaristia costituiscono la più dolce attrazione per la mia anima. La mia anima, Gesù, ha sospirato per te tutta la notte e così, allo spuntar del giorno, correrò ai piedi del tabernacolo, pregherò e ti riceverò con immenso amore”. Le nostre gioie, figlie mie, devono consistere nello stare con Gesù, così come Egli ha basato le sue nel rimanere giorno e notte con noi.
Consideriamo Gesù come Re eterno che dobbiamo ricevere con l’umiltà e la riverenza di Zaccheo e, come la Sposa dei Cantici, diciamo alle nostre facoltà: “Uscite, figlie di Sion, e contemplate il re Salomone che viene incoronato dalla mano di sua madre”. Consideriamolo come il grande Maestro che ci invita ad ascoltare le sue lezioni, la sua dottrina; ascoltiamo, figlie mie, gli insegnamenti del nostro Dio.
Consideriamolo come il buon Padre e l’eterno Pastore che va in cerca della pecora smarrita. Egli attraversò monti e valli, fra i pericoli delle fiere – i suoi crudelissimi tormenti – per ricondurre all’ovile la pecora perduta. Visitò le sue pecore e le fece pascolare e pose gli ovili sui monti alti d’Israele e si sottomise ad un lavoro più duro di quello che sopportò Giacobbe quando pascolò le pecore di suo suocero. Consideriamolo come Redentore. Quando ci trovavamo nella prigione del peccato, in potere dei nostri tre tiranni: mondo, demonio e carne, Egli ha detto alla nostra anima: “Ritorna in te stessa e sciogli le catene che ti tengono prigioniera, figlia del mio amore”.
Guardiamolo sacrificato. Egli si offrì per vivere, morire, piangere e pregare per tutti gli uomini. Guardiamolo come Medico, che curò tutte le malattie e ora vuole sanare le nostre ferite. Guardiamolo come Amico. Questo nome esprime uguaglianza nella comunicazione dei beni e affabilità nel tratto. Egli prepara alle nostre anime un grande banchetto, sebbene noi non meritiamo di essere neppure sue schiave. Guardiamolo come Sposo delle nostre anime, alle quali dice: “Vieni, amica e sposa amata, mostrami il tuo volto e risuoni la tua voce alle mie orecchie”. Guardiamolo, figlie mie, come Padre, verso il quale abbiamo mancato a somiglianza del figlio prodigo. Egli con tenerezza e amore ci sostiene come non ha mai fatto alcun padre o alcuna madre terrena. Tutto questo è Gesù nel sacramento dell’Eucaristia.>> (El pan 8, 407-420)

Concludiamo anche oggi pregando insieme il sesto giorno della novena a questo link