La Speranza – giorno 9

A conclusione di questo percorso condiviso insieme, in preparazione alla festa della Beata Madre Speranza, vogliamo condividere con voi questo brano degli scritti in cui la Madre parla alle sue figlie proprio della virtù della Speranza.

<<Oggetto primario della speranza è la felicità eterna, cioè Dio stesso, in quanto è Lui che noi possiederemo nella gloria celeste; l’oggetto materiale secondario sono tutte le cose create, naturali o soprannaturali, mediante le quali ci prepariamo a possedere Dio. 

La nostra speranza è fondata sulla misericordia di Dio, sulla sua fedeltà nel dare compimento alle promesse e sulla sua onnipotenza, che ne costituiscono l’oggetto formale. Il soggetto prossimo della speranza è la volontà, infatti, dato che l’oggetto di essa è il bene non sensibile ma soprasensibile, il desiderio che produce gli atti o i movimenti verso quel bene non può essere che un desiderio razionale, di volontà.

Il soggetto remoto è l’uomo, e si specifica nel modo seguente: sono soggetti remoti, in potenza e in atto, tutti i viatori giusti della terra, i fedeli peccatori che non si disperano né presumono, e così pure le anime che si trovano nel Purgatorio. Non possiedono la speranza né in potenza né in atto gli eretici dichiarati, gli atei, i materialisti, gli infedeli, gli increduli e i deisti; neanche i beati la possiedono perché essi già godono la felicità eterna. 

L’atto della speranza è l’attesa certa della beatitudine celeste in virtù dei meriti provenienti dalla grazia di Dio. 

Ricordate, figlie mie, che nell’atto della speranza confluiscono vari atti dell’intelletto e della volontà: un atto di fede dell’intelligenza speculativa, perché Dio si dà a conoscere come bene sommo e desiderabile; un atto di amore e di desiderio della volontà, che si compiace e tende verso quel bene desiderabile in conseguenza della ricezione dello stesso atto di fede dell’intelligenza pratica, la quale giudica che Dio è conosciuto come Sommo Bene; e un atto della volontà, che è l’elemento principale della speranza, con il quale essa tende a Dio come Bene conosciuto, amato, desiderato e raggiungibile per effetto della grazia divina; bene futuro, arduo da conseguire, ma possibile. 

Alla speranza va unito il timore, dato che oggetto di essa è un bene possibile, ma arduo e futuro. In essa è racchiuso l’amore verso l’oggetto sperato; la speranza infatti nasce dall’amore. 

Care figlie, insegnate alle figlie e ai bambini che la speranza è una virtù divina che ci fa superiori sia ai beni che ai mali di questo mondo; essa infatti ci mostra di lontano, al termine della nostra esistenza mortale, una vita perenne, un avvenire di felicità, di beatitudine eterna.

Senza questa luce del cielo che ci svela l’orizzonte infinito dell’eternità, che cosa sarebbe la presente misera esistenza che trasciniamo per alcuni giorni sulla faccia della terra? Ah, figlie mie! come è sventurata quella creatura per la quale non brilla la luce della speranza cristiana! Se non ci fosse il cielo, se il suo ricordo pieno di ineffabile dolcezza non infondesse coraggio nei nostri cuori, se la nostra vita dovesse terminare con la morte, quanto meglio sarebbe stato per l’uomo non essere nato! Se l’uomo nasce è per non morire; la morte è solo una separazione temporanea dell’anima dal corpo.

Io sono immortale: il mio spirito non può perire, né il mio Dio vuole distruggerlo. Sopravviverò alla dissoluzione del mio corpo per essere eternamente felice, o eternamente sventurata. So che c’è un cielo, e un inferno. La mia eterna dimora sarà nel luogo della felicità infinita? Oppure si chiuderà il cielo per me? Quale orrore

Quando il cuore è preso da un tale orrore, dalla sofferenza causata da neri presentimenti, la religione, e attraverso di essa lo stesso Gesù eterno amico e salvatore dell’uomo, si avvicina a questo cuore infelice, disperato e gli parla con tale soavità e incanto che solo può essere apprezzato da uno spirito oppresso dalla miseria. “Alzati! – gli dice – alza gli occhi al cielo e abbi speranza! Lo vedi? quel magnifico cielo è la patria dell’eterna beatitudine, è la tua patria, è il luogo a cui ti ha destinato il tuo Padre e Creatore, il tuo Dio che ti ha creato dal nulla per farti felice.

Vuoi andare in cielo? Ecco lo puoi, solo che tu lo voglia. Io che sono il tuo Salvatore l’ho conquistato per te. Nonostante la tua debolezza, le tue cadute, la rabbia del demonio tuo nemico, tu puoi andare in cielo. Gesù, che ti ama davvero e vuole la tua salvezza, ti provvederà mezzi abbondanti ed efficaci perché tu possa conseguirlo”. In questo modo, figlie mie, la virtù della speranza rianima ogni cuore tormentato dall’ombra nera del dubbio e della disperazione.>> (El pan 8, 1041-1052)

Chiudiamo questa riflessione pregando l’ultimo giorno della novena a questo link.

La fede – giorno 7

<<La fede, figlie mie, è una virtù teologale infusa in noi da Dio e che ci porta ad assentire con fermezza, a motivo della veridicità divina, a tutto quanto Dio ci ha rivelato e ci propone a credere attraverso la sua Chiesa. Divina è la fede per la quale crediamo tutto quanto contiene la parola di Dio, scritta o tramandata oralmente, a motivo della testimonianza di Dio stesso che ci parla. Divina e cattolica è la fede per la quale crediamo le verità rivelate che il magistero della Chiesa nostra Madre ci propone a credere esplicitamente.

Con la fede esplicita assentiamo ad una verità i cui termini sono comprensibili in se stessi e da noi conosciuti. È implicita la fede con la quale assentiamo ad una verità i cui termini non sono in se stessi comprensibili né da noi compresi, ma sono contenuti in un’altra verità rivelata che crediamo con fede esplicita.

È fede esterna quella che si manifesta apertamente con parole, segni o altri gesti; interna quella che non è manifestata esternamente. La fede è viva se va unita alla carità; se a questa non si accompagna è morta. 

Consideriamo l’oggetto formale e quello materiale della fede. Oggetto formale della fede è Dio come prima verità che si esprime, cioè l’autorità di Dio che rivela. Ci sono infatti tre specie di verità: verità nell’essere, che è la conformità della cosa con i suoi principi costitutivi, o con le idee divine che ne costituiscono la ragione; verità nella conoscenza, che è il conformarsi dell’intelletto alla cosa; verità nell’espressione, ossia la conformità di ciò che viene detto con la mente di colui che parla, o rivela.

Dio non può che dirci la verità in tutto, perché non può ingannare se stesso, e neppure noi a motivo della sua scienza e infinita bontà. E’ questa la ragione formale, il motivo determinante del nostro consenso alle verità rivelate. 

Oggetto materiale della fede sono tutte le verità rivelate contenute nella parola di Dio, scritta o tramandata, alle quali aderiamo per l’autorità di Dio che rivela. L’oggetto materiale primario è soltanto Dio, in quanto Dio, ossia Dio come prima verità nel suo essere. L’oggetto materiale secondario sono tutte le altre cose che, oltre a Dio, sono contenute nella parola di Dio. 

L’atto di fede è quell’atto dell’intelligenza, dominata dalla volontà, con il quale sulla testimonianza di Dio, assentiamo alle verità rivelate; pertanto nell’atto di fede entrano le due facoltà proprie dell’uomo: l’intelligenza e la volontà. 

Perché un atto sia di fede è necessario che sia libero, immune da ogni coercizione o necessità; soprannaturale, in quanto per compierlo abbiamo bisogno della grazia interiore che illumina, dell’ispirazione dello Spirito Santo; oscuro, riguardante oggetti non evidenti; non ragionato, ma immediato, perché l’intelligenza consente, non mediante un proprio ragionamento, ma semplicemente per la conoscenza della verità proposta da Dio; e certo, di una certezza soggettiva e oggettiva.

Consideriamo ora come tra fede e ragione esiste armonia. I misteri della fede, anche se rivelati, non possono essere dimostrati, né essere compresi dalla ragione.

Ma, pur innalzandosi al di sopra della ragione, non sono contro di essa; e nel caso che tra fede e ragione appaia contraddizione, bisogna seguire ciò che dice la fede. L’assenso alla fede anche riguardo ai misteri è certamente in linea con la ragione.

All’anima leale, una volta ricevuta la fede, non è lecito dubitare di essa. Ricordiamo che la ragione non è indipendente dalla fede, neppure riguardo alle scienze filosofiche, e il senso dei dogmi definiti dalla Chiesa non può mai essere cambiato seguendo il progresso della scienza. La fede e la scienza si aiutano reciprocamente. Questa è, in sintesi, la teoria dell’armonia tra ragione e fede.>> (El Pan 8, 1023-1040)

Dopo questo bellissimo brano circa la Fede chiudiamo la nostra riflessione pregando insieme il settimo giorno della novena a questo link.

La preghiera – giorno 6

Oggi la nostra meditazione si sofferma sulla preghiera. Il brano tratto dagli scritti che vi proponiamo è rivolto alle Ancelle dell’Amore Misericordioso… ma sono parole che farà bene leggere anche ai nostri cuori.

Care figlie, è necessario che preghiamo e ringraziamo il nostro buon Padre. Nella preghiera dobbiamo abituarci a lodare Dio, a ringraziarlo per tanti benefici, a chiedergli le grazie, soprattutto la carità e il suo amore, ricordando che nel tabernacolo c’è il nostro dolce Gesù che presenta al Padre in nostro favore i meriti della sua obbedienza e della sua carità e attrae così su di noi grazie infinite. Gesù infatti, così come in cielo, vive nel tabernacolo sempre intercedendo per noi.

Sta là, figlie mie, come nell’orto del Getsemani, pregando non soltanto tre volte ma mille volte, e non chiedendo che si allontani da lui il calice amarissimo della sua passione, ma che sia partecipato a noi il calice delle benedizioni del cielo e che possiamo gustare quello della beatitudine mediante la partecipazione ai suoi dolori. Là sta il nostro buon Gesù glorioso, come sta alla destra del Padre, però mostrando costantemente alla Maestà divina le piaghe aperte delle mani, dei piedi e del costato per costringerla a concederci quanto le chiediamo.

Frequentiamo il tabernacolo, figlie mie, e preghiamo con lo spirito e con la mente; lodiamo il buon Gesù con le labbra, ma molto di più con il cuore. Ripetiamogli tante volte: “Il tuo nome, Gesù, e l’Eucaristia costituiscono la più dolce attrazione per la mia anima. La mia anima, Gesù, ha sospirato per te tutta la notte e così, allo spuntar del giorno, correrò ai piedi del tabernacolo, pregherò e ti riceverò con immenso amore”. Le nostre gioie, figlie mie, devono consistere nello stare con Gesù, così come Egli ha basato le sue nel rimanere giorno e notte con noi.

Consideriamo Gesù come Re eterno che dobbiamo ricevere con l’umiltà e la riverenza di Zaccheo e, come la Sposa dei Cantici, diciamo alle nostre facoltà: “Uscite, figlie di Sion, e contemplate il re Salomone che viene incoronato dalla mano di sua madre”. Consideriamolo come il grande Maestro che ci invita ad ascoltare le sue lezioni, la sua dottrina; ascoltiamo, figlie mie, gli insegnamenti del nostro Dio.

Consideriamolo come il buon Padre e l’eterno Pastore che va in cerca della pecora smarrita. Egli attraversò monti e valli, fra i pericoli delle fiere – i suoi crudelissimi tormenti – per ricondurre all’ovile la pecora perduta. Visitò le sue pecore e le fece pascolare e pose gli ovili sui monti alti d’Israele e si sottomise ad un lavoro più duro di quello che sopportò Giacobbe quando pascolò le pecore di suo suocero. Consideriamolo come Redentore. Quando ci trovavamo nella prigione del peccato, in potere dei nostri tre tiranni: mondo, demonio e carne, Egli ha detto alla nostra anima: “Ritorna in te stessa e sciogli le catene che ti tengono prigioniera, figlia del mio amore”.

Guardiamolo sacrificato. Egli si offrì per vivere, morire, piangere e pregare per tutti gli uomini. Guardiamolo come Medico, che curò tutte le malattie e ora vuole sanare le nostre ferite. Guardiamolo come Amico. Questo nome esprime uguaglianza nella comunicazione dei beni e affabilità nel tratto. Egli prepara alle nostre anime un grande banchetto, sebbene noi non meritiamo di essere neppure sue schiave. Guardiamolo come Sposo delle nostre anime, alle quali dice: “Vieni, amica e sposa amata, mostrami il tuo volto e risuoni la tua voce alle mie orecchie”. Guardiamolo, figlie mie, come Padre, verso il quale abbiamo mancato a somiglianza del figlio prodigo. Egli con tenerezza e amore ci sostiene come non ha mai fatto alcun padre o alcuna madre terrena. Tutto questo è Gesù nel sacramento dell’Eucaristia.>> (El pan 8, 407-420)

Concludiamo anche oggi pregando insieme il sesto giorno della novena a questo link

Maria, mediatrice di grazia – giorno 5

Preparandoci insieme alla festa della Madre, non potevamo non meditare, sempre tramite i suoi scritti, sulla figura di Maria. Di Lei la Madre scriveva:

<<Chi ama la SS. Vergine non deve mai temere, perché lei è tutto e si incarica di arricchire le nostre offerte prima di consegnarle a Gesù. Ricordiamo che non si può possedere Gesù se non per mezzo di Maria. La più grande felicità che si può provare sulla terra e assaporare come anticipo del cielo, è vivere uniti a Maria. Questa felicità è immensa e ci prepara alla suprema felicità di vivere uniti a Gesù; infatti il mezzo più efficace per purificarci e consolidare la nostra unione con l’Amore Misericordioso, è Maria. Io credo che quando andiamo a Gesù per Maria, è doppia la gioia e più pieno il possesso di lui.>> (El pan 2, 72).

E ancora: <<Egli sapeva molto bene che per camminare sulla via del dolore e del sacrificio avevamo bisogno dell’affetto di una madre. Infatti quando c’è la mamma non esistono pene insopportabili, perché il loro peso non ricade tutto e solo su di noi: lei ci è sempre accanto a sostenere il peso maggiore. Gesù, che ben conosce le necessità del cuore umano, ci ha donato Sua madre, avendo prima sperimentato Egli stesso sulla croce l’eroismo di una Madre così buona, la sua fedeltà, il suo amore, la sua incoraggiante compagnia. Gesù aveva presente anche la grande necessità del religioso di essere sostenuto e aiutato da una Madre. Ricorriamo perciò a Maria con affetto e fiducia filiale, ricordando che Gesù, donandoci come madre la Vergine purissima, ha arricchito il suo cuore di misericordia materna, perché avesse compassione delle pene dei suoi figli.>> (El pan 2, 71).

Concludiamo questa breve riflessione con la preghiera del quinto giorno che potete trovare anche a questo link.

Gesù non ci lascerà soli neanche un momento – giorno 4

Oggi ci piaceva soffermarci su un messaggio di speranza che ci ricorda l’Amore infinito e incondizionato che il Buon Gesù prova per noi.

<<Le ripeto le ultime frasi che il buon Gesù mi ha detto e credo siano di consolazione non solo per me, ma per tutti. Gesù dice che Egli è nostro amico, nostro Padre, nostro fratello e compagno in questo esilio e non ci lascerà soli neanche un momento, perché ci ama tanto, tanto; io ne rimango confusa, padre mio, perché vedo Gesù come un mendicante di amore.>> (la Madre il 3 aprile 1952; El Pan 18, 1267) 

<<Ogni giorno soffro di più, vedendo quanto poco lo sappiamo apprezzare noi anime consacrate e come Egli sopporta, in silenzio e con tanta pazienza, tutte le nostre disattenzioni e spropositi. La mia superbia, padre, non può sopportare vederlo mendicare il nostro amore dopo averci visti camminare per molte ore o anche giorni, mesi e forse anni, spinti dal vortice delle più vergognose passioni, ottenendo con questo solamente che Lui distolga lo sguardo mentre lo stiamo offendendo, senza mai separarsi da noi per offrirci la sua potente mano e aiutarci di nuovo a venir fuori da questa febbre ardente, perdonandoci e invitandoci a seguirlo nuovamente con amore più deciso. Quale consolazione può avere Gesù dal nostro amore? Perché ci viene sempre dietro come un povero mendicante? Non si accorge che lo ricambiamo soltanto con dispiaceri, volgarità e disattenzioni? Ogni giorno di più mi confonde la pazienza, l’amore e la carità del nostro buon Padre e gli chiedo la grazia di farmi morire prima di dargli ancora il più piccolo dispiacere o farlo soffrire anche minimamente. Anche lei preghi per ottenermi questa grazia, con la certezza che la stessa cosa chiederò per lei.>> (la madre il 19 dicembre 1953; El Pan 18,1376-1377)

A questo link trovate il quarto giorno della Novena all’Amore Misericordioso.

La carità è l’essenza della perfezione – giorno 3

In preparazione alla festa della Beata Madre Speranza oggi vi proponiamo un bellissimo scritto sulla carità.

<<Consideriamo la virtù teologale della carità. La carità è la virtù teologale con la quale amiamo il nostro Dio per se stesso, noi e il prossimo per Dio. Per sapere quale amore entra nella carità, figlie mie, dobbiamo considerare che l’amore è la compiacenza nel beneL’amore di compiacenza è il desiderio del bene per se stesso e non per altra cosa. Mentre l’amore di concupiscenza è il desiderio del bene per il vantaggio che procura all’amante, l’amore di benevolenza è la volontà nel bene e la soddisfazione in esso per il vantaggio che porta, non a colui che ama, ma a colui per il quale il bene è voluto. Questo può esprimersi in quattro modi. 

● Con l’amore di semplice benevolenza colui che ama sceglie per l’amato un bene piuttosto che un altro, e fra molti beni quello più stimato; 

● con l’amore di predilezione si crea l’unione degli affetti tra l’amante e l’amato; 

● con l’amore di carità l’amante vuole un bene per l’amato, che a sua volta ricambia l’amore, essendoci così comunicazione scambievole di beni. 

● La carità è amore di autentica amicizia fra Dio e l’uomo, perché in essa si realizzano le quattro condizioni dell’amore di amicizia: essere amore scambievole, amore di benevolenza, amore palese dell’uno all’altro e viceversa, amore che si esprime nella comunicazione dei beni. 

La carità esige per natura che l’amore a Dio sia sommamente apprezzativo; sommo perché l’oggetto deve essere amato in proporzione alla sua bontà e la bontà di Dio è infinita; apprezzativo perché così l’amore raggiunge e tocca il proprio oggetto; ciò è indispensabile nell’atto di qualsiasi virtù affinché ne sia salvata l’essenza.

L’oggetto formale della carità, o il motivo per cui dobbiamo amare Dio sopra tutte le cose e il prossimo per Dio, è il bene divino soprannaturale e infinito, in quanto Dio è amabile in sé, per la sua grazia, come Bontà infinita e compendio di tutte le perfezioni. 

L’oggetto materiale secondario, cioè quello amato non per se stesso ma per l’oggetto primario, sono tutte le creature ragionevoli, capaci di beatitudine eterna.>>

A questo link possiamo continuare a pregare il 3 giorno della novena.

Il desiderio della santità – giorno 2

Continuiamo la nostra preparazione alla festa della Beata Madre Speranza, meditando anche oggi, tramite i suoi scritti, sul desiderio di diventare santi.

«Figlie mie, molte volte ho udito pronunciare tra di voi questa frase: “Che farò per essere santa? Dove troverò la santità a cui aspiro?”. Cerchiamo la santità non fuori ma dentro di noi stesse, perché la santità consiste nel vivere in Gesù ed Egli in noi, prima per mezzo del desiderio e poi per mezzo del possesso.

Consideriamo le volte che abbiamo sognato la meta della santità; e ricordiamo il pensiero che ci sostenne nel diventare Ancelle dell’Amore Misericordioso. Io credo che a ciò non ci spinse la preoccupazione di godere, quaggiù in questo mondo, delle comodità, gli onori e i piaceri; ma piuttosto, il desiderio di lavorare per la gloria del Signore, di aiutare il povero in tutte le sue necessità, e di arrivare così mediante l’esercizio della carità alla santità a cui aspiriamo». (MADRE SPERANZA, Consigli pratici del 1933, 2,25-26)

Possiamo inoltre pregare insieme il secondo giorno della novena a questo link. Buona preghiera!

Il desiderio della santità – giorno 1

Cari amici dell’Associazione Speranza, per prepararci alla festa della Beata Madre Speranza vi proponiamo nove giorni di riflessioni tratte dai suoi scritti

«Il desiderio della perfezione può definirsi nel modo seguente: un atto della volontà che, sotto l’impulso della grazia, aspira senza sosta a un avanzamento spirituale. Molte volte questo atto è accompagnato da emozioni e affetti che rendono ancora più intenso il desiderio; ma ciò non è affatto necessario.

La causa principale [per essere santi] è che il nostro Dio ci ama fortemente e desidera stare unito a noi; e così ci cerca con amore instancabile, come se Lui non potesse essere felice senza di noi. E dall’altra parte, quando la nostra povera anima – rischiarata con la luce della fede – si volge sopra se stessa, là nel suo interiore sente un vuoto così grande che non può riempirsi se non con Dio stesso; e così sospira per Lui, per l’Amore Divino e – come cerva assetata – per la Fonte d’Acqua viva. E siccome quaggiù in basso questo desiderio non potrà mai essere saziato per completo, dato che sempre ci resta della strada da fare per conseguire la pienezza della nostra unione con Dio, risulta che – se non lo ostacoliamo – questo stesso desiderio di perfezione a gloria di Dio crescerà senza cessare.

Certo, gli ostacoli che cercano di spegnere, o almeno di smorzare, queste grandi aspirazioni sono tanti: la concupiscenza; la paura delle sofferenze e delle lotte, legate alle difficoltà che dobbiamo affrontare; il giudizio degli altri; l’attaccamento al nostro giudizio; e la durata nello sforzo, necessario per corrispondere alla grazia e andare avanti. Ma tutto ciò sarà superato facilmente, se arriviamo a convincerci che mai lavoriamo da soli, perché il buon Gesù opera sempre con noi come un Padre affettuoso che non tiene in conto i disgusti che gli procuriamo.

Persuasi di questa verità, sforziamoci di compiere sempre la sua divina Volontà: dimenticandoci di noi stessi, per non pensare ad altro che a collaborare con Lui; lavorando per la santificazione [di noi stessi e] delle anime, tramite la mortificazione, la abnegazione e l’esercizio della carità; e facendo in modo che in Lui termino tutti i nostri pensieri, i nostri desideri e le nostre opere» (Madre Speranza, Bilancio del 1955, 15,148-150).

Possiamo inoltre pregare insieme il primo giorno della novena a questo link. A domani!

Sorgente di acqua viva

Cari amici dell’Associazione Speranza vogliamo segnalarvi il canale YouTube di Lino Perazzo, in cui potete trovare una serie di interessanti interviste al nostro caro Pietro Iacopini che racconta di Madre Speranza.

Nel primo video, che trovate qui sotto, Pietro racconta la storia del Pozzo del Santuario di Collevalenza e alcuni fatti straordinari relativi a Madre Speranza, da lui vissuti in prima persona.

Buona visione!

Adorare la Croce

In mancanza del nostro consueto appuntamento con l’Adorazione, vogliamo proporvi comunque un piccolo spunto di riflessione, riportando un pensiero di Madre Speranza circa la croce.

Che queste parole possano accompagnare la vostra riflessione e preghiera, nella speranza di tornare quanto prima a farlo insieme.

“Basta uno sguardo alla croce per comprendere il linguaggio di Gesù: è il linguaggio dell’amore che tutti capiamo subito. Ha il capo chino per il bacio, il cuore ferito in segno di amore, le braccia aperte per abbracciarci e tutto il corpo offerto per salvarci.
L’immagine di Gesù in croce deve essere la preferita e la più eloquente di tutte”. (La Passione, 375-376)